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Il bodyguard e lingenua fanciulla (ma solo un sogno)

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La maggior parte dei sogni che facciamo di notte sono incomprensibili, surreali , bizzarri .

 

Gli eventi si svolgono in modo del tutto arbitrario senza alcuna logica, persone e luoghi sono spesso deformati in modo grottesco, le scenografie teatrali che fanno da sfondo sono illuminate in modi impossibili, quasi magrittiani , con giorno e notte che coesistono senza annullarsi a vicenda.

Nello sforzo di capirne il significato, spesso passiamo una buona metà del mattino a ripeterci le scene nella mente, magari consultando improbabili manuali di decifrazione dei simboli, mentre i più fortunati, cioè quelli con il portafoglio pieno e molto tempo libero, vanno sul divano dell'analista a sciorinarli nei più piccoli dettagli.

Eppure, in mezzo a tanto mistero, capita che a volte si presentino dei sogni straordinariamente chiari e comprensibili, che ci parlano di noi più di come potremmo mai fare noi stessi mettendoci allo specchio.

 

Quello che sto per narrare risale a una decina d'anni fa e appartiene appunto a quest'ultima categoria. Lo definirei il sogno che determina il passaggio alla maturità e  la fine di una mentalità ingenua e  sprovveduta.

 

PRIMA SCENA

Mi sveglio una mattina in un appartamento di lusso, molto curato nei dettagli e nell'arredamento e che corrisponde esattamente ai miei gusti, e lo definirei appunto la casa dei miei "sogni".

Sono un uomo, ma questo non mi suscita nessuna meraviglia in quanto non ricordo di essere una donna nella vita reale. Ho circa 35 anni, sono di bell'aspetto, molto curato, palestrato ma senza esagerazioni, e mi sento molto bene nel mio nuovo corpo maschile. C'è solo un piccolo problema: ho perso totalmente la memoria e non ricordo assolutamente chi sono. So che quella casa è mia, ci abito io e , a quanto pare sono un uomo ricco o quanto meno benestante, ma chi sono ? Cosa faccio nella vita? Comincia a salirmi l'ansia, più mi sforzo di ricordare e più mi si chiude la mente, l'agitazione  aumenta fino a trasformarsi in panico, cammino avanti e indietro tenendomi la testa tra le mani, e all'improvviso, quasi in risposta alle mie domande mentali, suona il campanello.

Mi si presenta un tizio più o meno della mia stessa età, sicuramente un mio conoscente, e mi dice: "Il capo stasera dà una festa in maschera, naturalmente dovrai venire anche tu." Rispondo impassibile: "Sì certo, ci sarò".

Chiudo la porta e improvvisamente ricordo tutto. Il capo è un importante boss di un'organizzazione criminale, qualcosa tipo la mafia cinese, è ricchissimo e potentissimo, tutta la città appartiene a lui.

Io sono il suo bodyguard. La cosa non mi fa particolarmente impressione, ovvero non ci vedo nulla di male, è un mestiere come un altro. Io non sono un criminale, faccio solo il mio lavoro di proteggere la persona che mi è stata affidata, che poi sia un delinquente o un premio Nobel non mi riguarda. E' comunque un lavoro rischioso e stressante e quindi ben pagato, ma io sono forte e ho molto sangue freddo, assolutamente affidabile. Mi sembra di assomigliare al personaggio di Leon, un killer distaccato e infallibile e pur tuttavia di buon cuore.

 

SECONDA SCENA

E' il primo pomeriggio dello stesso giorno e io vado in palestra per il mio allenamento quotidiano. Per andare in palestra devo passare attraverso  un ristorante (questo è l'unico particolare strano del sogno, per il resto molto logico e realistico). La palestra è del capo, anche il ristorante è del capo, tutta la città è del capo, sembra un mondo uscito dai fumetti dove il capo è una specie di divinità onnipresente. Io attraverso la sala con il borsone sportivo appoggiato disinvoltamente su una spalla e d'un tratto resto colpito da una scena. Ad un tavolo c'è una donna giovane, sui trent'anni, seduta di fronte un uomo con almeno una decina d'anni in più. Lui le sta tenendo la mano e le parla sorridendole mentre lei lo guarda con occhi felici e sognanti, quasi rapita in un'estasi mistica. Con ogni probabilità le sta descrivendo la loro futura vita insieme, fatta di viaggi, vacanze, ristoranti, teatri, una bellissima casa, vestiti firmati e qualche gioiellino da sfoggiare nelle occasioni importanti. Lei è talmente presa dal fantastico racconto da sembrare trasfigurata, risplendente di luce sacra e pronta per essere assunta in cielo levitando sulle nuvole. Sorprendentemente il suo aspetto era identico al mio da giovane, era come guardare dal di fuori me stessa, ma il protagonista del sogno non poteva sapere chi fosse quella ragazza e non la riconosceva.

 

"Ma com'è possibile che ci siano ancora donne così cretine ? Quello è solo un poveraccio che sta raccontando un mucchio di balle, sì, la porterà pure al ristorante e al mare un paio di volte, poi comincerà a defilarsi con una scusa o l'altra e la mollerà come un giocattolo rotto, mentre lei aspetterà invano per mesi le sue telefonate. Almeno il gioiellino vedi di fartelo regalare subito, e che sia bello pesante, così potrai  pagarci le sedute dalla psicologa che ti salverà dal tagliarti le vene nella vasca da bagno".

Istintivamente faccio qualche passo in direzione del tavolo, perché ho proprio l'impulso di dirgliele in faccia queste cose, però mi fermo in tempo per proseguire la mia strada, mi stringo nelle spalle pensando che devo farmi i fatti miei.

 

TERZA SCENA

E' più tardi nel pomeriggio, io ho finito la mia sessione di allenamento e sto tornando a casa a piedi attraverso un parco che , ovviamente, è di proprietà del mio capo. Ho il borsone sportivo appoggiato con disinvoltura su una spalla, un'andatura sicura e al contempo rilassata, un incredibile senso di benessere e tranquillità, quando… thò… ma chi c'è su quella panchina ? Di nuovo la ragazza del ristorante, e stavolta sta parlando con un'amica descrivendole l'incontro che c'è stato poco prima, ha ancora gli occhi sognanti e sorride raccontando la vita meravigliosa che l'attende mentre  io ho quasi un moto di rabbia e penso "Ma basta ! Questa sta per mettersi in un guaio, qualcuno deve pur avvertirla del fatto che non bisogna mai credere alle promesse degli uomini ". Di nuovo mi dirigo verso di lei e di nuovo mi fermo dopo pochi passi. Volto le spalle, riprendo il mio cammino e mi dico: "Tanto prima o poi lo capirà da sola."

FINE

 

E' abbastanza strano, ma poi neanche tanto, pensare che possiamo incarnarci contemporaneamente in diversi personaggi che vivono le loro vite forse in posti lontanissimi, oppure nella stessa città, riuscendo persino ad incontrarsi, talvolta, per quanto non possano riconoscersi. Quando si dice "ama il prossimo tuo come te stesso", potrebbe anche non essere un semplice modo di dire, perché l'altro potrebbe davvero essere un altro se stesso.

Durante il sonno e il sogno in particolare, il nostro cervello attraversa i famosi "stati alterati di coscienza" durante i quali possiamo attingere a conoscenze a cui non abbiamo accesso durante lo stato vigile. In questo sogno io vedevo me stessa dal di fuori, da un'altra prospettiva, mantenendo la consapevolezza di me  nella mente del bodyguard e non in quella dell'ingenua fanciulla dagli occhi sognanti.

Lo ammetto, nella mia giovinezza sono stata davvero così, un'ingenua credulona che si fidava delle chiacchiere degli uomini, per poi "capire da sola" come stanno effettivamente le cose. E' giusto o no avvertire qualcuno dell'inconsistenza dei bei sogni, sbattergli in faccia la dura realtà per evitargli delusioni ?

Con la saggezza dei miei cinquant'anni oggi mi ritrovo sicuramente nel modo di pensare del bodyguard, e tuttavia mi manca molto l'irresistibile ebbrezza di quel particolare  stato d'animo, così euforico e coinvolgente , dato dalle illusioni.

La realtà può essere molto triste e scoraggiante, ma le illusioni è meglio che restino confinate nel mondo dei sogni.

 

Tutto il sogno appena descritto mi ricorda molto l'atmosfera di "Leon" per il surreale contrasto tra la freddezza del killer e la sua disarmante ingenuità, ma anche un altro film, molto meno conosciuto, il sud coreano "A bitter sweet life" dove un boss della mafia (coreana ovviamente) dà l'incarico al suo braccio destro, un ragazzo che ha cresciuto come un figlio, di controllare la sua giovanissima amante, ma il ragazzo finisce con l'innamorarsene tradendo la fiducia del suo capo. Si scopre infine che il test riguardava proprio la fedeltà del ragazzo al suo boss, e tutto si conclude con una sanguinosa sparatoria stile western. Il ragazzo è ormai morente e steso a terra, mentre la sua voce fuori campo racconta:

 " Una mattina il giovane discepolo si svegliò piangendo e il maestro gli chiese- Perché piangi, hai fatto un brutto sogno? – No, al contrario, ho fatto un sogno bellissimo- E allora perché piangi?- Perché so che il mio sogno non potrà avverarsi mai."

 

Una vita dolceamara.

 

 

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